Cos’è successo al cavaliere oscuro?

Un fumetto di una profondità sconvolgente. Neil Gaiman è considerato uno dei migliori autori in circolazione, dopo personalità come Miller o Alan Moore. Il mio unico approccio che ricordi con Gaiman fu però con un discutibile film, Mirror Mask, del 2005, abbastanza visionario ma che poteva essere confezionato meglio. Appassionato di Batman fin da ragazzino, quest’autore ha avuto la fortuna di entrare nella scuderia DC Comics inizialmente dando un forte contributo nel rivisitare il personaggio di Black Orchid, ed è noto sicuramente per la serie Sandman, signore dei sogni (il cui nome richiama il Mago Sabbiolino di Hoffman, di cui ho parlato in un articolo di quelli che reputo più interessanti, un approfondimento sul concetto di “perturbante“). Neil Gaiman è anche scrittore di romanzi (sembrano interessanti titoli come Il cimitero senza lapidi e altri racconti) e libri per ragazzi. Ah, Coraline è suo. Quello da cui è stato tratto il film d’animazione di Henry Selick, stretto collaboratore di Tim Burton in Nightmare Before Christmas.

Comunque, ritornando al nostro Batman, adesso mi rendo conto perché Neil Gaiman sia portato così in alto tra gli sceneggiatori di storie a fumetti. Nel tempo mi sono accorta, a mie spese, che i fumetti di supereroi possono farti morire di noia o emozionarti ad ogni vignetta, e di solito non è mai una questione di disegni. “Cos’è successo al cavaliere oscuro?” fa parte sicuramente della seconda categoria. Quando in poche pagine l’autore riesce ad arrivare dritto al cuore, davvero ti rendi conto di aver letto – almeno stavolta – il fumetto giusto. Senza nulla togliere a quelle opere dotate di una certa austerità nella trama e nei dialoghi, in grado di conferire spessore e rigidità d’altri tempi. Il punto è che non sempre è così. E non vale nemmeno l’equazione molto = meglio dei prodotti più nuovi.

In questo Batman – Che cos’è successo al cavaliere oscuro?, che esplora gli immaginari scenari relativi alla morte di Batman (in molti si sono cimentati in storie di questo tipo, come la morte di Superman), Gaiman è riuscito miracolosamente a condensare, in uno scarno albo, qualcosa per cui si potrebbe scrivere o cercare per una vita, o perlomeno per anni, senza mai giungere a una soluzione. La cosiddetta ipersoluzione di cui parlavo nel post precedente. E sappiamo quanto può risultare frettolosa e disadorna una storia che non ha molte pagine a disposizione in cui svolgersi.

Il volume prosegue con altre storie di Gaiman degli anni ’90:

A Black & White World (1996), una storia in bianco e nero in cui Batman e Joker si comportano come due attori di un film (“Tu hai pagine di chiacchiere. Io non chiacchiero mai. – Già, quindi? – Bé, tu sei il tipo forte e silenzioso, io il matto che chiacchiera sempre. Che diavolo, almeno abbiamo un lavoro.”)
Pavana (1989)
– Original Sins (1989)
– Quando una porta è una porta (1989)

Gli ultimi sono dei Secret Origins dedicati ai personaggi di Poison Ivy e dell‘Enigmista.

Ecco, proprio queste ultime tre storie sono interessantissime, in particolare quella sul personaggio di Poison Ivy che tutti conoscono più che altro per essere stato interpretato da Uma Thurman in Batman Forever. Anche se si comporta spesso come una seduttrice di uomini, non è infrequente che nelle numerose storie a lei dedicate abbia anche relazioni omosessuali con altri personaggi femminili, come Harley Quinn o Catwoman.

In questa storia di Gaiman, il protagonista, che è un agente dell’FBI in incognito, si finge un ispettore carcerario e deve tenere sotto osservazione la criminale in vista della possibilità di impiegarla in delle missioni suicide (nella Suicide Squad sarà spesso presente) e quindi rilasciarla. Egli subisce il fascino di questa bellissima fanciulla, la cui età risulta non chiara dai fascicoli (21 o 34?) e che si è data da sola l’appellativo di Poison Ivy, ovvero edera velenosa, un’erbaccia.
Ma come spiega la stessa Ivy, non esistono erbacce: sono tutte piante, solo che per qualche motivo l’uomo ha deciso che alcune crescono nel posto sbagliato. Viene così indagato il passato di Poison Ivy, che da bambina, in attesa di potersi dedicare agli uomini, aveva trovato conforto nelle piante, con cui parlava e che la capivano. Le piante le hanno dato l’infanzia che non ha avuto, passata in solitudine.
Il suo pensiero, le sue convinzioni, sono senza ombra di dubbio quelli di una psicopatica: desidera potere, che si manifesta, secondo la sua concezione, attraverso sesso e soldi, perciò inevitabilmente per ottenerlo finisce per dedicarsi al crimine. Ha un’opinione molto elevata di sé, una grande sicurezza, ma può fingere di essere meno intelligente di quanto non lo sia davvero, per poter approfittare dei punti deboli dei suoi interlocutori. A detta di Paula, la collega del protagonista, “Poison Ivy è assolutamente pericolosa e inutile quanto un’erbaccia, che la si abbia come alleata, amica, nemica, e tantomeno come amante, poiché prosciuga ogni uomo che si innamori di lei”. È essa stessa un’erbaccia. Inutile dire, quindi, quanto sia affascinante questo genere di villain al femminile.

Per quanto riguarda l’Enigmista, poi, si tratta di un’altra storia breve ma pregna di significati, che ricorda molto l’interpretazione di Jim Carrey in Batman Forever. Edward Nigma (abbreviato E.Nigma), chiamato a partecipare ad un programma televisivo in cui s’intervistano i maggiori criminali di Gotham (anche se c’è qualche problema nel procurarseli, e spesso i giornalisti ripiegano sul portare in studio dei familiari dei ricercati), fa uno show confusionario, il cui fine probabilmente è proprio quello di stordire lo spettatore e tutti i giornalisti in studio.
Quando gli viene fatto notare che non sta rispondendo a nessuna domanda, egli giustamente replica: ma se portate un enigmista in studio, non potete aspettarvi risposte. Dovete aspettarvi domande. Come dargli torto. Geniale.

Sempre per la serie: chiedete le cose giuste alle persone giuste. Dovete sapere cosa aspettarvi, in ogni momento della vostra vita.


Per il resto, quindi, altri fumetti che leggerei volentieri, di Gaiman, sono:

– Black Orchid
– Sandman
– Il San Valentino di Arlecchino
Qualche libro a caso. (no, non è il titolo del libro)

Ma non posso leggere tutto. Si deve anche vivere. Un giorno vi metterò un po’ di immagini tratte da queste storie.


Alcune frasi tratte da Poison Ivy – Pavana (1989)

Nome: Poison Ivy
Vero nome: Pamela Lilian Isley
Studia con il professore Jason Woodrue e in seguito ad alcuni esperimenti da lui compiuti, viene trasformata in Poison Ivy.


“Ma quelle erano fantasie. I fiori erano reali. Parlavo con le mie piante Raccontavo loro i miei sogni, le mie speranze, le mie paure. Lo faccio ancora.”



– Perché l’interesse per le piante?
– Ispettore Stuart! Se nessuno ti porta delle rose, devi coltivartele da sola. Invece di un’infanzia felice, io avevo i miei fiori.


“Nessuno aveva più niente da insegnarmi sulle piante. E poi mi ero innamorata. Avevo le pareti tappezzate di foto sue e volevo conoscerlo. Sapevo che se ci fossimo incontrati, l’avrei conquistato. Così mi sono cucita il costume e sono venuta a Gotham City.”



– Ho atteso speranzosa una sua risposta, che è stata insoddisfacente, per usare un eufemismo. Ma avevo trovato qualcos’altro in cui ero più brava.
– Il crimine?
– Se vuoi chiamarlo così. Io preferisco la parola potere. I soldi sono potere. Il sesso è potere. E il potere di ignorare le regole, di aggirarle, di stabilire delle regole tue. Quello è il ero potere. Mi piace. Lo voglio.



Nel pomeriggio legge un libro: spazzatura femminista. Innaffia le piante, guarda fuori dalla finestra.



– Perché Poison Ivy? Perché edera velenosa? Perché non un fiore? Perché un’erbaccia?
– Non esiste nessuna erbaccia, Stuart. Le erbacce sono piante che crescono in posti che qualche umano ha giudicato sbagliati.



– Cosa sei?
– Io? Sono un genio. Posso far comportare le piante come animali e trasformare gli animali in piante. E io stessa sono in parte una pianta. Non si direbbe, ma è così. Cosa sono? Sono la regina del biancospino, con una corona di foglie, fiori e spine. Sono la speranza, la bellezza e la verità, un simbolo di crescita nell’epoca oscura in cui viviamo. Sono impossibile. Woodrue mi ha uccisa. Lo sai? Non ho idea di cosa mi abbia dato durante quegli esperimenti, ma mi ha uccisa. Ha ucciso lei e dato vita a me.



Un tempo pensavo fosse scienza. Ma non lo è. La scienza è una semplificazione. Loro sono mie figlie e servitrici e io appartengo a loro. Di notte madre terra, la natura, mi parla. Mi sussurra… “Tu sei mia figlia, il mondo è tuo. Prendi tutto quello che vuoi, Ivy. Allunga la mano e afferralo.”

Batman v Superman: Dawn of Justice

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I Cani vs Batman

Sabato tra il concerto dei Cani al Duel Beat e l’idea del cinema ha preso il sopravvento il cinema, così nel pomeriggio ci rechiamo al Centro Campania.

Qui, dopo aver acquistato da Tiger una casetta per gli uccelli da mettere in giardino, e acquistato un basket di pollo al Mc Donald’s e dei panini all’astice, con relativa delusione che il Mc Donald’s non sia proprio un ristorante gourmet, siamo andati al cinema.

Batman v Superman è un film di quelli che vengono attesi che però io non ho atteso.

Nonostante questo, Batman v Superman si prometteva migliore dei suoi corrispettivi Marvel come The Avengers 1 e 2, anche perché DC non è Marvel e Marvel non è DC e anche perché dopo il flop di The Dark Knight Rises non avevamo più molto da indignarci per un Batman che non è Christian Bale.

L’era del Cavaliere Oscuro di Nolan si è conclusa (anche se vediamo Nolan tra i direttori esecutivi) e così anche quella di un Batman interpretato da Christian Bale che non rivedremo più, come è giusto che sia, perché alle cose buone non bisogna abituarsi.

Sostituito da Ben Affleck, molto più simile al Batman interpretato da George Clooney, l’attore ha avuto la dignità di lasciarsi una leggera barba incolta destando meno irritazione di quanto predetto. Non ne ho mai voluto sapere niente di Batman / Ben Affleck e non ho voluto neanche pensarci, ma il risultato finale è stato migliore del previsto.

Solo che questo Batman v Superman “Lievamm a miez’ e mamm”, si potrebbe sottotitolare, a causa di una sceneggiatura degna delle risse delle scuole medie.

Niente male la Wonder Woman interpretata dalla modella iraniana Gal Gadot. Jesse Eisenberg/Lex Luthor fa il verso al Joker di Heat Ledger senza riuscirci, Henry Cavill è un buon Superman con tutti i difetti di un Superman al quale si perdona la monotonia più facilmente che a Batman.

La regia vistosa di Zack Snyder corregge i difetti di una storia e di una sceneggiatura piuttosto noiose, rendendo il film tutto sommato guardabile.

Consigliato agli appassionati del genere.

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Diana (Gal Gadot) e Bruce Wayne alla festa.

wonder woman gal gadot

Wonder Woman / Gal Gadot: sembra un cosplay riuscito bene (e temo che questo non sia proprio un complimento)

Batman V. Superman: Dawn Of Justice

Nel cast c’è anche Amy Adams, una buona attrice che passa sempre in secondo piano a causa di sue colleghe più vistose. Era già stata la compagna di Superman in Man of Steel (2013), sempre regia di Zack Snyder

Altri film di Zack Snyder recensiti qui:

Film di primavera di 7 anni fa: Watchmen

Sucker Punch: un bel beverone

Man of Steel (una riga, non c’è nessuna recensione)

Il regno di Ga’Hoole: non so se ho mai scritto di questo film, spero di no, l’unico motivo per cui lo possiedo in dvd è che dovevo provare il 3D e mi rifiutavo di dare soldi a Coraline di Henry Selick che adesso rimpiango. Non guardatelo mai.

Altri film con Amy Adams: Big Eyes, American Hustle, Man of Steel, Her, The Master, The Fighter.

 

The Dark Knight Rises

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La cosa più bella che ho letto stamattina e che non sapevo è che Bruce Wayne indossa abiti di Giorgio Armani, il quale ha creato una linea intitolata “Giorgio Armani for Bruce Wayne”. Quindi teoricamente chiunque potrebbe entrare in un negozio Armani e chiedere la giacca di Batman. Un’altra cosa che non sapevo è che Twoface vestiva Ermenegildo Zegna. Peccato per le bruciacchiature.

“Tu non hai il maggiordomo, la villa a Como, i miei milioni, i macchinoni, costume nero ne vado fiero, i colorati sono sfigati.”

SPOILER

Mi è impossibile parlare di questo film senza fare spoiler e sono indubbiamente di parte: Batman è figo. The Dark Knight Rises non è come The Dark Knight (2008) ma nemmeno come Begins, certo è che avrebbero potuto evitare di omologarlo a qualsiasi altro film d’azione e supereroi con l’attacco nucleare, il reattore e il conto alla rovescia, tutti di fretta per disinnescare l’ordigno, che cosa originale, sono solo sessant’anni che i film sono così, però nel complesso posso dire che Dark Knight Rises può essere una buona conclusione per la trilogia di Nolan. In questo capitolo abbiamo ben due fanciulle per Batman e qualche colpo di scena che onestamente sospettavo: Miranda Tate era troppo antipatica e non poteva essere la donna definitiva di Batman, già era stata una grazia che Rachel era morta, stupida e brutta, cambiata due volte, di male in peggio, da Katie Holmes a Maggie Gyllenhaal. Dopo Begins Katie Holmes infatti rifiutò il ruolo di Rachel in The Dark Knight per dedicarsi alle riprese di “Tre donne al verde”. Molto intelligente la ragazza. Avrà avuto le sue motivazioni, spero, ma a prescindere dall’attrice il personaggio di Rachel Dawes non merita considerazione: rifiuta le avances di Batman quando scopre che Bruce Wayne è Batman. Invece di corrergli dietro si fidanza con un perdente.
Comunque in Dark Knight Rises abbiamo sia Miranda Tate (Marion Cotillard), discretamente antipatica quanto danarosa che Catwoman/Selina Kyle interpretata da Anne Hathaway, oramai nota per essere stata la Regina Bianca in Alice di Tim Burton. Molto graziosa nelle vesti di Catwoman. Fantastico come sempre il maggiordomo Alfred che mentre a Gotham City c’è la guerra civile se ne sta a Firenze a scolarsi il Fernet-Branca. Ah, Joseph Gordon-Levitt puzza di Robin fin dai primi due secondi in cui appare.

Tornata a casa, scopro che c’è Begins in tv (già iniziato) e rivedo anche quello.

Potrei dire una montagna di altre cose, ma per oggi basta. Tanto i miei post su Batman non sono di sicuro finiti qui.